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Vittorio Sciuti Russi
INQUISIZIONE SPAGNOLA E RIFORMISMO BORBONICO FRA SETTE E OTTOCENTO
Il dibattito europeo sulla soppressione del «terrible monstre»




Vittorio Sciuti Russi - INQUISIZIONE SPAGNOLA E RIFORMISMO BORBONICO

Questa ricerca si è sviluppata grazie agli incoraggiamenti del compianto maestro e amico Antonio Rotondò, il quale — con severa autorevolezza — mi ha invitato ad approfondire le tematiche di alcuni saggi apparsi sulla «Rivista storica italiana». A lui ho espresso, nelle lunghe conversazioni, il mio affettuoso debito dì riconoscenza per la lettura di queste pagine, per i puntuali suggerimenti, per le sempre feconde critiche, sentimento che qui rinnovo insieme al rammarico per la sua recente scomparsa. Con la sua consueta generosità intellettuale, Rotondò ha voluto accogliere questo lavoro storico-istituzionale nella prestigiosa collana di «Studi e testi per la storia della tolleranza in Europa nei secoli XVI-XVIII», da lui fondata e diretta, così ricca di preziosi contributi sul pensiero politico-religioso e filosofico europeo. Egli amava chiamare i suoi numerosi discepoli «i miei scolari». La sua era, in effetti, una schola nel senso più nobile, etico, antiaccademico del termine. Il lungo magistero torinese e fiorentino, nel quale ha unito rigore scientifico e impegno civile, è stato fecondo di risultati di straordinaria intelligenza storica.

Com'è noto, il tema della tolleranza ha rappresentato per lui una fonte continua di iniziative di ricerca. Nel denso saggio in cui ne ricostruì gli sviluppi nel secolo dei Lumi (in L'Illuminismo. Dizionario storico, 1997), volle ricordare come a metà Settecento i lettori dell'Encyclopèdie e di Voltaire fossero consapevoli che il dibattito era iniziato ben prima e altrove, in Inghilterra, in Olanda, attraverso gli scritti di Locke, Spinoza, Bayle, Noodt, Barbeyrac: nella seconda metà del XVIII secolo, le ragioni politiche e civili della tolleranza prevalsero su quelle religiose, e fu questo — afferma Rotondò — «uno degli esiti più maturi del lento rivolgimento culturale che aveva contribuito, in primo luogo, a un forte ridimensionamento dell'importanza e del prestigio delle realtà ecclesiastiche e, in secondo luogo, alla relativizzazione dei valori della civiltà europea e con essa del cristianesimo. [...] E con l'articolo di Romilly l'Encyclopédie si fece banditrice di questo ideale universale di tolleranza che, sebbene ancora esecratissimo, si veniva ormai radicando sempre più profondamente nella cultura illuministica europea».

Ho voluto ricostruire in questo volume la fine di una istituzione che per secoli aveva costituito, in Sicilia e in Spagna, la roccaforte del dispotismo teocratico e dell'intolleranza. Nel secolo dei Lumi, l'Inquisizione di rito spagnolo apparve sempre più incompatibile con il diritto naturale, con il contratto sociale, con la dottrina evangelica. Gli intellettuali europei — gallicani, giansenisti, riformatori, illuministi, massoni e liberali — ritennero di dovere agire contro il fanatismo religioso generato dall'ignoranza, dalla superstizione, dal sonno della ragione e di dovere abbattere il «santo tribunale», assimilato ad una tigre feroce (la cui ferinità era stata fatta propria da ministri di un Dio di pace) o alla mostruosa, ripugnante idra dalle sette teste.

Alcune anticipazioni dei risultati del volume, qui rielaborati, sono apparse, oltre che sulla «Rivista storica italiana» (CXXV, 2003, 112-148; CXXVII, 2005, pp. 493-598), nei «Cuadernos de Ilustración y Romanticismo» (13, 2005, pp. 45-66). Ho, inoltre, pubblicato e commentato un'inedita lettera di Grégoire, qui utilizzata, nelle «Annales historiques de la Révolution francaise» (333, 2003, pp. 121-132).

Un commosso pensiero desidero rivolgere alla memoria di Miriam Michelini Rotondò per la cordiale ed empatica collaborazione nel revisionare e licenziare questo volume.

Vittorio Sciuti Russi
dalla Prefazione al volume


Studi e testi per la storia della tolleranza in Europa nei secoli XVI-XVIII, vol. 12
2009, cm 14,5 × 21,5, xxii-372 pp.
[ISBN 88 222 5808 3]

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