
Questa ricerca si è
sviluppata grazie agli incoraggiamenti del compianto maestro e amico
Antonio Rotondò, il quale — con severa autorevolezza —
mi ha invitato ad approfondire le tematiche di alcuni saggi apparsi
sulla «Rivista storica italiana». A lui ho espresso,
nelle lunghe conversazioni, il mio affettuoso debito dì
riconoscenza per la lettura di queste pagine, per i puntuali
suggerimenti, per le sempre feconde critiche, sentimento che qui
rinnovo insieme al rammarico per la sua recente scomparsa. Con la sua
consueta generosità intellettuale, Rotondò ha voluto
accogliere questo lavoro storico-istituzionale nella prestigiosa
collana di «Studi e testi per la storia della tolleranza in
Europa nei secoli XVI-XVIII», da lui fondata e diretta, così
ricca di preziosi contributi sul pensiero politico-religioso e
filosofico europeo. Egli amava chiamare i suoi numerosi discepoli «i
miei scolari». La sua era, in effetti, una schola nel
senso più nobile, etico, antiaccademico del termine. Il lungo
magistero torinese e fiorentino, nel quale ha unito rigore
scientifico e impegno civile, è stato fecondo di risultati di
straordinaria intelligenza storica.
Com'è noto, il
tema della tolleranza ha rappresentato per lui una fonte continua di
iniziative di ricerca. Nel denso saggio in cui ne ricostruì
gli sviluppi nel secolo dei Lumi (in L'Illuminismo. Dizionario
storico, 1997), volle ricordare come a metà Settecento i
lettori dell'Encyclopèdie e di Voltaire fossero
consapevoli che il dibattito era iniziato ben prima e altrove, in
Inghilterra, in Olanda, attraverso gli scritti di Locke, Spinoza,
Bayle, Noodt, Barbeyrac: nella seconda metà del XVIII secolo,
le ragioni politiche e civili della tolleranza prevalsero su quelle
religiose, e fu questo — afferma Rotondò — «uno
degli esiti più maturi del lento rivolgimento culturale che
aveva contribuito, in primo luogo, a un forte ridimensionamento
dell'importanza e del prestigio delle realtà ecclesiastiche e,
in secondo luogo, alla relativizzazione dei valori della civiltà
europea e con essa del cristianesimo. [...] E con l'articolo di
Romilly l'Encyclopédie si fece banditrice di questo
ideale universale di tolleranza che, sebbene ancora esecratissimo, si
veniva ormai radicando sempre più profondamente nella cultura
illuministica europea».
Ho voluto ricostruire
in questo volume la fine di una istituzione che per secoli aveva
costituito, in Sicilia e in Spagna, la roccaforte del dispotismo
teocratico e dell'intolleranza. Nel secolo dei Lumi, l'Inquisizione
di rito spagnolo apparve sempre più incompatibile con il
diritto naturale, con il contratto sociale, con la dottrina
evangelica. Gli intellettuali europei — gallicani, giansenisti,
riformatori, illuministi, massoni e liberali — ritennero di
dovere agire contro il fanatismo religioso generato dall'ignoranza,
dalla superstizione, dal sonno della ragione e di dovere abbattere il
«santo tribunale», assimilato ad una tigre feroce (la cui
ferinità era stata fatta propria da ministri di un Dio di
pace) o alla mostruosa, ripugnante idra dalle sette teste.
Alcune anticipazioni
dei risultati del volume, qui rielaborati, sono apparse, oltre che
sulla «Rivista storica italiana» (CXXV, 2003, 112-148;
CXXVII, 2005, pp. 493-598), nei «Cuadernos de Ilustración
y Romanticismo» (13, 2005, pp. 45-66). Ho, inoltre, pubblicato
e commentato un'inedita lettera di Grégoire, qui utilizzata,
nelle «Annales historiques de la Révolution francaise»
(333, 2003, pp. 121-132).
Un commosso pensiero
desidero rivolgere alla memoria di Miriam Michelini Rotondò
per la cordiale ed empatica collaborazione nel revisionare e
licenziare questo volume.
Vittorio Sciuti Russi
dalla Prefazione al volume
Studi e testi per la storia della tolleranza in Europa nei secoli XVI-XVIII, vol.
12
2009, cm 14,5 × 21,5, xxii-372 pp.
[ISBN 88 222 5808 3]
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